Secondo i giudici la “sindrome da inanizione è l’unica in grado di fornire una spiegazione dell’elemento più appariscente e singolare del caso, e cioè l’impressionante dimagrimento cui è andato incontro Stefano Cucchi nel corso del suo ricovero nell’ospedale Sandro Pertini”.
Per la morte di Cucchi sono stati condannati sei medici dell’ospedale (uno per falso ideologico), mentre sono stati assolti gli infermieri e gli agenti della polizia penitenziaria.
Riguardo alla posizione dei medici che avevano in cura il detenuto, “i fatti descritti nel capo di imputazione – scrive la Corte – non consentono di ravvisare il reato di abbandono di incapace del quale non ricorre alcuno dei presupposti oggettivi né soggettivi, ma quello di omicidio colposo”. Secondo la Corte “deve escludersi che le condotte descritte per i medici condannati siano volontarie; le stesse si prospettano piuttosto come colpose, e cioè contrassegnate da imperizia, imprudenza, negligenza sia per la omissione per la corretta diagnosi, non avendo i sanitari individuato le patologie da cui era affetto il paziente, in particolare tenuto conto del suo grado di magrezza estrema, sia per avere trascurato di adottare i più elementari presidi terapeutici che non comportavano difficoltà di attuazione e che sarebbero stati idonei ad evitare il decesso, sia per avere sottovalutato il negativo evolversi delle condizioni del paziente che avrebbero richiesto il suo urgente trasferimento presso un reparto più idoneo”.