GIANMARCO POZZECCO, PARTE LA NUOVA AVVENTURA.

Ricominciare per costruire qualcosa ancor più grande di prima, per arricchire quel libro già così gremito di pagine piene di inchiostro qua e là, che raccontano il percorso di un Playmaker che ha lasciato un segno indelebile nella storia del basket italiano.
Così, Gianmarco Pozzecco accetta il suo primo incarico da allenatore, cominciando con l’ardua impresa di risollevare un team sull’orlo di una crisi di nervi, il Capo d’Orlando, società di Lega Due.
L’emozione, la scarica di adrenalina, l’esitazione e l’inevitabile insicurezza del primo match da allenatore si sono unite formando la miglior qualità con la quale affrontare questo tipo di situazioni, una grinta pazzesca che ha portato ad una strepitosa vittoria contro la squadra di Jesi ed ad un clima goliardico all’interno dello spogliatoio e tra gli spalti, che hanno affrontato il viaggio di ritorno col grande entusiasmo dettato dalla sprigionata consapevolezza che di questo passo si può sognare.<br>
Il “Poz”, è apparso, quindi, estremamente convinto della decisione presa ai microfoni che l’anno assalito dopo il match di fuoco:”Come si sta nei panni dell’allenatore? Devo dire la verità, se mi chiamano coach, non mi giro. Devo abituarmi a questa nuova realtà. E forse la cosa più difficile per me sarà riuscire a mantenere il rispetto dei ruoli. Dovrò agire per come mi sento. Parto dal presupposto che i giocatori che alleno devono essere responsabili della loro vita. Cosa mangiare, cosa bere, sono certo che sappiano già come muoversi, ecco. Quando ho incontrato nella mia carriera da giocatore allenatori che mettevano tanti paletti, non mi sono trovato bene. Sono una persona stravagante, è vero, ma credo di essere stato un professionista serio, con le mie regole, le mie abitudini. C’è grandissima diffidenza nel mondo, ma bisogna cominciare a fidarsi gli uni degli altri, è necessario. È logico che non siamo tutti uguali. Ed è logico che ogni giocatore abbia bisogno di determinate cose. Ne parlavo ieri con Meo Sacchetti. Mi ha detto, «vedrai che qualcuno ti deluderà, come è normale che sia. Ma in generale, ci sono pochi ragazzi con cui non andrai d’accordo». Devo rendermi conto che non sono più uno di loro, e dico purtroppo. Sono un allenatore e sarò chiamato a fare delle scelte. Una l’ho già dovuta fare e mi ha fatto stare malissimo. Parlo dell’esclusione di Rullo, un giocatore che aveva un contratto in scadenza. Quando sono arrivato, mi hanno chiesto se bisognava tenerlo, oppure no. E io ho scelto di non farlo rimanere, perché volevo accorciare le rotazioni. Meno giocatori ho e più facile è dare fiducia a quelli che ho in squadra. Lui, Rullo, ha reagito alla notizia in modo più che dignitoso, dimostrando di essere un ottimo ragazzo. Spero che in futuro riuscirà a capire le ragioni di questa separazione”.
Poi, parlando del primo risultato utile ottenuto:”Non mi sento un eroe. Sono più in debito io neiconfronti dei tifosi di quanto loro non lo siano nei miei. Soprattutto, in questa veste di allenatore. Il presidente della società, che ringrazio ancora per avermi scelto, mi ha dato due opportunità. La prima, quando giocavo. Mi ha permesso di essere quello che ero da bimbo, cioè un giocatore molto selvatico. La maggior parte delle persone pensava che io fossi un giocatore ormai fradicio, vecchio, sclerotico. Chiaro, con tutti i miei precedenti “penali”, c’era poco da stare allegri. C’era anche chi pensava che mangiassi i bambini. E quando Capo d’Orlando mi ha preso, ho sentito una grande fiducia nei miei confronti. In questa occasione, non ne parliamo nemmeno. Perché se ero considerato un balordo come giocatore, figuriamoci come allenatore, che in teoria dovrebbe essere per definizione la persona più responsabile del gruppo. Bene, non penso che in Italia ci sia una sola persona che crede che ci siano soggetti meno responsabili di me”.
Infine, parlando del ruolo dell’allenatore, ha dichiarato:”Quando mi hanno proposto di allenare la squadra, ho chiesto subito di avere al mio fianco un allenatore forte, capace, d’esperienza, del quale mi potessi fidare a occhi chiusi. Per questo, ho chiesto di avere con me Furio Steffé. È la persona ideale. È un mio amico ed è un bravissimo capo-allenatore. Non potrei fare a meno di lui. A chi mi ispiro? Dico Tullio Micol, che è stato il mio primo allenatore quando ero un ragazzino. Lui ha fatto sì che io mi innamorassi di questo gioco. E quando ami quello che stai facendo, puoi solo fare bene. Mi ha insegnato a dare il massimo, sempre e in ogni occasione. Tullio è stato fondamentale nella mia crescita di uomo e di giocatore. Un grande. Ma non posso dimenticare anche gli insegnamenti di Charlie Recalcati e Meo Sacchetti, ho preso da tutti un po’. Voglio avere un rapporto vero e sincero con i miei giocatori. E infatti sono andato di persona da Rullo per comunicargli la mia decisione. La più difficile degli ultimi 20 anni. Spero che l’onestà alla lunga possa venire apprezzata”.
E allora…sull’attenti, Lega Due, la “mosca atomica” è tornata e non si limiterà a starsene ferma a guardare strofinandosi le zampine.

Lorenza Anceschi