‘La verità del pentito’, Spatuzza fra male assoluto e conversione autentica

Spatuzza_screenshot--400x300“Chi si aspetta degli scoop rimarrà deluso, nel libro ho voluto raccontare la storia di Gaspare Spatuzza con le sue parole, di mafioso prima di pentito poi, approfondire soprattutto il suo percorso di pentimento sul piano morale e mi sono convinta che sia un pentito vero, che abbia compiuto un autentico percorso di conversione, anche religioso e umano, partendo dal male assoluto”. Giovanna Montanaro parla così, all’Adnkronos, del suo ‘La verità del pentito’, con un’ampia intervista appunto a Gaspare Spatuzza, nelle librerie da oggi per Sperling & Kupfer, con una prefazione di Pietro Grasso.

“Ho avuto la possibilità di intervistarlo grazie all’autorizzazione che mi hanno concesso le procure nei cui processi è coinvolto e la Commissione centrale del Viminale: inizialmente ho avuto solo un colloquio nel quale mi disse di non volere rilasciare interviste, poi gli ho spiegato le motivazioni del mio lavoro e successivamente ha accettato, a due condizioni -racconta Montanaro- che non vi fossero fughe di notizie prima della pubblicazione e che questa avvenisse in un libro. Per raccontarsi Spatuzza non ha chiesto alcun contributo economico, ha voluto si precisasse che rilasciava l’intervista per ‘motivi sociali’ ed ha chiesto di dedicarla ‘ai ragazzi di Brancaccio, dei tanti Bracaccio d’Italia che si perdono come me’, riferendosi al quartiere di Palermo dove è nato e vissuto. Gli incontri che ho avuto con lui si sono svolti quasi tutti nella seconda metà del 2012, poi l’ho rivisto alcune volte quest’anno per aggiornare qualche passaggio. In totale l’ho intervistato per moltissime ore, lui non ha voluto che usassi il registratore, ho dovuto scrivere tutto. Nel libro le sue parole sono riportate con assoluta fedeltà.”

“La sua storia è quella di un killer della famiglia mafiosa di Brancaccio, coinvolto in tutte le stragi compiute dal 1992 al 1994 così come nell’uccisione di Don Puglisi, e nel rapimento del piccolo Giuseppe Di Matteo. Nel 2000, quando era già in carcere dal 1997, viene condannato all’ergastolo per l’omicidio di Don Puglisi ed inizia il suo nuovo percorso: chiede lui stesso -sottolinea Montanaro- che gli venga applicato l’isolamento diurno, e comunica ai fratelli Graviano, i capimandamento della famiglia mafiosa di Brancaccio, rinchiusi allora nel suo stesso carcere, la sua dissociazione da ‘cosa nostra’, subito prima di questo aveva rifiutato di far pervenire messaggi all’esterno tramite i suoi familiari per conto dei Graviano, il primo ‘no’ dopo tanti ‘si’. La decisione di collaborare con la giustizia Spatuzza la prende nel 2008, dal 2000 era rimasto solo con se stesso, aveva riflettutto sulla sua vita; diversi magistrati avevano cercato di convicerlo a collaborare ma senza risultati, quando decide è lui che manda a chiamare l’allora Procuratore Nazionale antimafia, Pietro Grasso, che lo va a trovare. Da quel momento Spatuzza inizia la sua collaborazione con i magistrati che formalmente si apre il 26 giugno 2008 con un interrogatorio dei pm di Firenze Caltanissetta e Palermo. La differenza con altri pentiti è tutta nei tempi: normalmente fra l’arresto e la decisione di collaborare passa molto meno tempo, in questo caso il percorso è stato lunghissimo”.

 

fonte: ‘La verità del pentito’, Spatuzza fra male assoluto e conversione autentica – Adnkronos Spettacolo.